Carmelo Palladino, l’anarchico dimenticato

Siamo nel periodo che va dagli anni 60 agli anni 80 dell’Ottocento. La popolazione, specialmente al Meridione è ridotta in miseria; una situazione che vede in primo luogo protagonisti nullatenenti ma anche i piccoli proprietari terrieri. L’alfabetizzazione è ancora molto bassa e le masse popolari non prendono ancora coscienza di sé, non avendo la possibilità di levarsi socialmente. Ad aggravare la situazione, i vari preti che predicano pregiudizi e superstizioni: il cittadino, insomma, non è ancora effettivamente libero. È in questo frangente che si sviluppa l’anarchia in Italia. Ma cos’è l’anarchia?

Anarchia, da Platone alla fine dell’Ottocento

Già dagli autori classici (Platone e Aristotele) alla parola anarchia viene dato un significato pressoché negativo: “caos”, “mancanza di regole” sono sinonimi ancora oggi diffusi. Con la parola anarchia s’intende, invece, l’insieme di alcune teorie politiche del XIX secolo col fine si liberare l’uomo da ogni tipo di autorità (politica, economica, religiosa, sociale). L’anarchismo arriva a sostenere l’estinzione dello stato e promuove l’egualitarismo e l’autogoverno.

Sul piano economico abbiamo una significativa spaccatura all’interno di questo movimento: si parla si anarchismo individualista quando si mira all’estinzione di limiti anche alla vita economica e produttiva dell’individuo; si parla di anarchismo collettivista (o anche socialista o comunista) quando si afferma che la libertà del singolo deve essere adeguata alle esigenze socio-economiche di tutti. Quest’ultimo ramo mira ad un’organizzazione politica di tipo federalista, con un decentramento del potere, con “un potere dal basso”.

Torniamo alla seconda metà dell’Ottocento.  In questo ventennio (1860-80) i rivoluzionari post-risorgimentali, insoddisfatti dell’Unità d’Italia, trovano entusiasmo nelle idee anarchiche. Inoltre in quegli anni Bakunin, evaso dalle carceri siberiane, soggiorna nella Penisola  e pone le basi per l’anarchismo italiano. L’Orso russo – così veniva soprannominato – fondò la Fratellanza Internazionale, da cui si formò la prima, vera  generazione di Anarchici tra cui Malatesta, Cafiero e Palladino.

Carmelo Palladino, un anarchico del Sud

Carmelo Palladino nasce a Cagnano Varano (Foggia) il 23 ottobre 1842 nel palazzo che portava il nome della sua famiglia su corso Umberto al n. 15. Suo padre è il famoso avvocato e patriota Antonio Palladino, sua madre la nobildonna Raffaela Fiorentino. Compie i suoi primi studi a Napoli, ed è lì che conosce Michail Bakunin. Successivamente, assieme ad altri universitari, apre la sezione napoletana dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori di cui è anche segretario e corrispondente. Questa attività gli permette di stringere buoni rapporti con i principali anarchici italiani.

Carmelo tiene anche una costante corrispondenza con Friedrich Engels e Karl Marx, creatori del Manifesto del Partito Comunista. Marx gli ha regalato anche un testo con dedica personalizzata, mentre l’università di Napoli gli dona il Dizionario della Lingua Italiana del Tommaseo.

Si sposò con Antonia Caccavelli, con cui ebbe due figlie: Adele Erminia Rafaela e Clelia. Gli ultimi discendenti sono Angelo e Fabio Bumma, tuttora residenti a Cagnano.

Durante il periodo cagnanese  esercita la sua professione, quella di avvocato, ma non abbandonando la sua attività sovversiva né stroncando i legami con i più importanti fautori del movimento.

Nel 1789 Palladino finisce in galera con l’accusa di “cospirazione diretta a distruggere la forma di governo, eccitando i cittadini ad armarsi contro i poteri dello Stato. Il 4 agosto dello stesso anno viene scarcerato con un ordinanza del tribunale di Lucera.

Ha scritto su numerosi giornali e opuscoli socialisti, elaborando  17 tesi congressuali per il Congresso dell’Associazione internazionale dei lavoratori, e ha ricevuto a Cagnano le visite di importanti anarchici come Malatesta, Merlino e Zerardini.

Non viveva in condizioni agiate, si lamentava dell’isolamento in cui viveva, sul Gargano, e dell’inattività, data da motivi economici. (“per venire ci vogliono i soldi, ed io non ne ho alla lettera” scriveva in una lettera del 1° ottobre 1876 all’amico Costa).

A Cagnano c’era una sezione di anarchici nella quale collaboravano alcuni intellettuali come il cagnanese Antonio Fini, il sannicandrese Luigi Della Monica e il carpinese Giuseppe Bramante.

L’8 maggio 1881 vengono prese severe misure di polizia, dopo il recapito a Palladino di un pacco contenente un giornale in francese e manifesti che incitavano alla rivolta.

Negli anni Ottanta dell’Ottocento Palladino è avvocato del Comune di Cagnano e nel 1888 riceveva 700 lire l’anno. L’anno successivo si dimise scrivendo che “il compenso insufficiente a disimpegnare un sì oneroso carico.” In una lettera che fa pervenire all’ufficio del Comune chiedendo anche l’aumento a 1200 lire. Il Comune respinge la sua richiesta e assume come legale l’avvocato ex segretario del Comune Caccavone.

Era il 19 gennaio 1986 quando mentre rincasava lungo corso Roma viene colpito alle spalle, e crolla davanti al portone di casa sua. La sua morte è tuttora avvolta in un alone di mistero.

La popolazione cagnanese, in gran parte, e soprattutto le nuove generazioni ignorano questo personaggio . Un po’ è colpa della sua famiglia che distrusse ogni scritto dell’anarchico e si chiuse agli altri. Da ogni parte d’Italia e d’Europa gli anarchici chiedevano informazioni su di lui ma i familiari si rifiutarono sempre di rispondere.

Perché ricordare Palladino? Innanzitutto  per la sua intelligenza, per la sua onestà (elogiata anche dal sottoprefetto di San Severo nel dicembre 1877) e soprattutto perché è un uomo del Sud Italia che non ha avuto paura di esprimere il suo pensiero.

Per approfondire Leonarda Crisetti Grimaldi, Non più caste. Carmelo Palladino e la Prima Internazionale, Franco Angeli, 2015 -la scheda su IBS

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