Il mito del pescatore nell’arte, tra coraggio e solitudine

Un mestiere duro che sicuramente trova le avversità del tempo atmosferico e del mare ma che in un certo qual modo è simbolo della solitudine e del coraggio. Ecco come nasce il mito del pescatore. Dall’arte alla letteratura, dal cinema alla musica, dalla mitologia alla religione: la figura del pescatore ha ispirato il genio e la creatività di molti  artisti che si lasciano naufragare in quello stesso mare.

Il pescatore nell’arte visiva

Pierre Puvis de Chavannes, il Povero pescatore, 1881,Parigi, Musée d’Orsay
I, Sailko [GFDL (http://www.gnu.org/copyleft/fdl.html) or CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], via Wikimedia Commons
Un quadro che senz’altro colpisce è Il povero pescatore di Pierre Puvis de Chavannes del 1881 conservato a Parigi al  Museo d’Orsay. All’epoca il quadro meravigliò i critici per il suo soggetto enigmatico. Certamente i quadri rappresentanti la povertà erano molto frequenti, ma erano ricchi di particolari, raccontavano aneddoti patetici, ma erano saturi di particolari al contrario di questo dipinto che, nonostante il titolo molto chiaro porta l’osservatore a chiedersi quale povertà sia rappresentata: quella materiale o quella spirituale? L’immagine evoca uno stato d’animo di malinconia che è senza luogo né tempo.

La figura del pescatore nella Bibbia

Anche la Bibbia evoca la figura del pescatore, in particolare in due episodi che parlano della  pesca miracolosa. Vi sono due episodi nel Nuovo Testamento su questo evento. Il primo è riferito da San Luca (5:1-11): Gesù era a bordo della barca di Simon Pietro sul Mare di Galilea. Dopo una notte di pesca infruttuosa, ordinò a Pietro di dire alla sua gente di gettare di nuovo le reti a mare. Essi lo fecero e catturarono un mucchio di pesce.

Un’altra scena è descritta da San Giovanni (21:1-8). Dopo la Crocifissione, Simon Pietro ritornò in Galilea al suo vecchio lavoro. Durante la notte lui e sui compagni non pescarono nulla. Al mattino videro un uomo che disse loro di gettare di nuovo le reti; lo fecero e le ritirarono piene di pesce. Giovanni, che era sulla barca di Pietro, riconobbe in quell’uomo Gesù e disse “E’ il Signore” e Pietro si gettò in mare provando a raggiungere Gesù.

Il pescatore nella letteratura

pescatore

Anche la letteratura ha i suoi pescatori. Grande impatto emotivo ha la tempesta in mare, del capitolo 10 dei Malavoglia di Giovanni Verga. L’episodio parla dei tre pescatori protagonisti del romanzo, ‘Ntoni, Alessi e il vecchio ‘Ntoni (nonno del nipote omonimo) che una volta rimessa in sesto la loro imbarcazione, la “Provvidenza” hanno una buona pesca. Dietro l’angolo ad attenderli una furiosa tempesta che mette a dura prova la resistenza dei tre.

Fortunatamente la vicenda volge al meglio ma la cosa che colpisce di più è il diverso atteggiamento di fronte alla tempesta: ‘Ntoni vuole far valere la propria forza con una feroce rabbia e scaricare quindi la paura (senza confessarla); Alessi, il più giovane e ingenuo, urla preso dal terrore  come un bambino in cerca della protezione materna; il nonno, invece, tempera la disperazione degli altri, è il punto riferimento con la sua fiducia in Dio. A ricordarci l’ambientazione siciliana del romanzo, il mare dal colore della sciara, cioè la lava indurita dell’Etna.

Il mito del pescatore nel cinema e nella musica

Per quanto riguarda il cinema da segnalare La tempesta perfetta (2000) di W. Petersen   e con George Clooney che racconta la storia del peschereccio di pescispada ANDREA GAIL  guidato dal determinato capitano Billy Tyne (George Clooney), che affronta delle condizioni metereologi che avverse, con lo scontro di più correnti e un uragano. Tutto l’equipaggio perde la vita, e i loro nomi si aggiungono a quelli che, prima di loro, sono rimasti vittime del mare e dei suoi pericoli.

Il mito nel pescatore tra Bertoli e De André

La musica ci offre due preziosità indimenticabili.  Pierangelo Bertoli (scomparso nel 2002) e Fiorella Mannoia sono gli interpreti di Pescatore. La canzone mette in evidenza le difficoltà stesse del mestiere (“Pesca forza tira pescatore/ pesca e non ti fermare/ poco pesce nella rete/ lunghi giorni in mezzo al mare/ mare che non ti ha mai dato tanto / mare che fa bestemmiare /quando la sua furia diventa grande/ e la sua onda è un gigante”) ma ci dona anche un intreccio amoroso nel quale la moglie del pescatore si trova a tradire il marito anche se alla fine decide di restare con lui (il tutto a sua insaputa). Grandi anche le voci, ben immedesimate che fanno di questa canzone una delle più belle della canzone italiana.

A quasi venti anni dalla sua scomparsa, avvenuta l’11 gennaio 1999, Fabrizio De André rimane uno dei cantanti italiani più amati. E non potevo concludere questa carrellata sul mito del pescatore con una canzone legata al nostro patrimonio culturale.  Scrivono Matteo Borsani e  Luca Maciacchini nel volume Anima Salva: “È una delle ballate più emblematiche del De André, per così dire, primordiale, una sorta di manifesto per i personaggi “fuori”, cui si contrappone una volta di più la legge. L’incontro tra l’assassino e il pescatore avviene in maniera casuale e si consuma rapidamente, senza cerimonie e commenti, quasi nell’indifferenza; ma un’indifferenza di solidarietà e di sincerità che esulano dai comuni rapporti umani.

L’assassino si qualifica subito per quello che è e manifesta i propri bisogni primari senza cortesie o diplomazie. La reazione dell’interlocutore è sorprendente: esaudisce i desideri dell’assassino senza paura, senza far domande e senza far questione di principio, come fosse naturale aver a che fare con un omicida. Si riscoprono così le condizioni umane più semplici al di là di ogni convenzione e fanno capolino i ricordi dell’infanzia, dell’età dei giochi quando forse non c’era bisogno di trovare difese per far fronte al mondo.

L’arrivo dei gendarmi, forse gli stessi che hanno impietosamente cacciato Bocca di rosa da Sant’Ilario, lascia impassibile il protagonista, che non si degna neppure di rispondere ed è già ripiombato nel suo sonno pomeridiano. La strofa finale coincide con quella iniziale e sta ad indicare un tempo non trascorso o comunque rimosso. Questa volta saranno i giustizieri a rimanere scornati perché non li si degna neppure di uno sguardo o di una risposta. Resta solo la specie di sorriso con cui il pescatore guarda sornione al mondo con l’aria di chi sa come.

La struttura musicale è molto semplice: tre accordi su tutto il brano, una linea melodica senza virtuosismi che percorre quasi tutti i gradi della scala della tonalità d’impianto e un interessante gioco di chitarre, due acustiche in funzione di accompagnamento e una elettrica che risponde alla voce della strofa. Le strofe sono separate da una frase musicale fischiata, a lasciare un momento di respiro alla narrazione.”

 

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